Lettera aperta a Zerocalcare

Oh Calcá, se dovessi legge 'sta lettera sappi che non so' un critico di libri, non faccio quello che ne vole sape' ma mi è piaciuta l'idea di condividere i miei pensieri sul tuo percorso da scrittore e disegnatore, con particolare riferimento al tuo ultimo libro, "Dimentica il mio nome". E per farlo userò il romano, perché usandolo come lingua dei tuoi testi hai dato splendore ad un dialetto che piace a tutta Italia, ma che in molti considerano volgare e "riduttivo" dell'italiano stesso. Tu lo hai invece rispolverato come lingua letteraria, un po' come fece Trilussa un centinaio di anni fa.
Scrivo da quasi-romano, romano dell'hinterland di Roma: fra Tivoli e Monterotondo, peccapisse (però a Roma ce so nato, eh). Uno che a Piazza Sempione ce passa spesso pe' anda a la metro de Conca d'Oro quando c'ha lezione all'università. Ma a rebibbia ce so stato solo pe' vedé il tuo "affresco" (sarebbe un murales, ma se dici murales sembra riduttivo). La tua è una opera d'arte che riecheggierà nei secoli e che ricorderà ai posteri che davvero ce sta un mammut del pleistocene a Rebibbia, che non è solo 'na scusa pe' rimorchià le forestiere. E poi servirà a quelli che escono dalla Metro pe’ sapé che so' al CAP 00156, che non è 'na cosa da niente. La memoria è tutto, ma non è niente se non la si trasmette. E co quel mega-disegnino, tu la trasmetti bene la memoria. In “Dimentica il mio nome", tua madre dice che l’identità è quella che creiamo noi coi nostri segreti, co' le nostre azioni aggiungerei. Non è importante il nome, ma chi c’è dietro al nome. Sì, certo, ma non so' completamente d’accordo. Tu sei Zerocalcare. Per noi, lettori. Per i tuoi familiari sei Michele. O te chiamano veramente “Calca’" anche i tuoi parenti? Se fosse così, avrei sbagliato. Ma le azioni che compiamo si rispecchiano in maniera diversa sulla base di chi c’abbiamo di fronte. E abbiamo quindi mille identità, che in realtà si riconducono a una sola. ’N concetto un po’ pirandelliano, ma che secondo me è più che confrontabile co' la realtà dei fatti.
La storia in “Dimentica il mio nome" è stupenda, ha tutto: avventura, dramma, ironia, amore (sì, quello pe' tua madre che te protegge ai piedi de la vallata). È 'na storia che non avrei mai voluto fini' di legge. È un filo che si spezza, un rotolo di carta da parati che si strappa proprio poco prima dell’angolo tra i muri. Ma è questo che mi piace di te. Che ce lasci sospesi in attesa di un nuovo libro o di una nuova tavola sul blog. Un po’ come nelle serie TV, quando la stagione di Game of Thrones finisce così a metà che vorresti non averlo mai visto per noi avere quell’angoscia per i 12 mesi a venire: che succederà?
Per sapere se te sei tolto quel peso di dosso, quel dolore che ti porti appresso da tanti anni e che ce rispecchia così tanto, tutti noi che ti leggiamo. Un modo pe' vedesse materializzà i problemi di tutti i giorni e di una vita in un fumetto, e sdrammatizzalli leggendo le tue vignette con l’armadillo o con il Secco. Un modo pe' esorcizzà le tue paure, ma anche le nostre.
Vorrei tanto conoscete un giorno, sicuramente accadrà quando verrò a famme disegnà una scenetta allo stand della BAO a una qualsiasi fiera del fumetto.
E quando succederà ti ringrazierò, per tutto quello che stai facendo. Beh, se il libro ha venduto così tanto ce sarà ’n motivo, no?
Un saluto,
Giacomo